San Firmino – Spagna

Published On: 26 Novembre 2020|Tags: , |
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Dal 6 al 14 luglio la parola “Fiesta” è scritta in maiuscolo a Pamplona. Quando il “chupinazo” esplode, la capitale si trasforma in un’esplosione di vita. Migliaia di persone da tutto il mondo si riversano nella città che si tinge di bianco e rosso, diventando il palcoscenico i una delle esperienze più coinvolgenti del mondo. San Firmino è l’eterna sfida dell’uomo verso il toro, l’animale che da millenni incarna il simbolo forza, coraggio e nobiltà.

La Storia

Le celebrazioni in onore a San Firmino (San Fermín) hanno origine nella Pamplona medievale. San Fermín ritenuto il primo vescovo di Pamplona, veniva allora commemorato per il suo martirio nella città di Amiens

In principio la festa religiosa e gli avvenimenti taurini avevano luogo in diversi momenti dell’anno. Tuttavia, gli abitanti di Pamplona stanchi del cattivo tempo autunnale del 10 ottobre, data dei festeggiamenti del santo patrono, li spostarono il 7 di luglio, in concomitanza del mercato del bestiame. Nel 1591 si tenne per la prima volta la festa di Sanfermines. Per secoli, la chiesa si oppose al cambiamento dei festeggiamenti in onore a San Fermín, e nonostante gli sforzi del clero e del Parlamento della Navarra, nulla poté scostare il popolo dal vivere la festa in maniera goliardica, per cui nel 1684 venne derogata la legislazione tutt’ora esistente. Un avvenimento importante della festa di San Fermín fu nel secolo XIX, la creazione delle ancora attuali figure che formano la Mascherata dei Giganti e dei Testoni.

Nel XX secolo le feste acquisiscono il loro massimo splendore. Si aggiunsero nuovi riti e festeggiamenti che nati dall’improvvisazione divennero tradizione nella festa di San Fermín. Il Riau-Riau nasce agli inizi del secolo quando un gruppo di carlisti, capitanati da Ignacio Baleztena, in tono scherzoso, importunarono i consiglieri comunali nella calle Mayor. Riau-Riau, è un valzer composto dal musicista di Pamplona Miguel Astráin che accompagna l’antica Marcia dei Vespri alle 16:30 del 6 luglio, una passeggiata dal municipio alla chiesa di San Lorenzo dove si trova la cappella di San Fermín. Nel 1991, venne derogato il chupinazo (mortaretto), già presente negli anni del dopoguerra quando Jokintxo Ilundain e José María Pérez Salazar decisero di dare il via alle feste con lo scoppio di un razzo, così per dare più allegria al momento

Con la pubblicazione del romanzo ” Fiesta (The sun also rises)” nel 1926, Ernest Hemingway, fece conoscere ai lettori di mezzo mondo la festa di San Fermín. Molti appassionati dell’autore, influenzati dai racconti, giunsero alla festa di Pamplona per potere rivivere quando descritto. Sono molti i repeaters come Ernest Hemingway, ormai abituè della festa di San Fermín. È il caso di gruppi provenienti dai paesi anglosassoni e scandinavi che prenotano interi hotel e ristoranti in cui danno luogo a feste notturne di cui sono gli assoluti protagonisti. L’integrazione è arrivata a tal punto da creare le proprie peñas, da quella svedese fondata nel 1975, a cui seguirono la peña norvegese e la peña taurina di New York.

l’encierro

L’encierro è il trasferimento dei tori per le vie di Pamplona, 850 metri di percorso, dal cortile di Santo Domingo fino all’arena dei tori. Questo trasferimento, inizialmente reso necessario per la celebrazione delle corride e oggigiorno non lo è più, dura all’incirca due minuti e mezzo e si realizza tra una folla di circa 3.000 corridori.  L’encierro è l’atto più importante delle feste di San Fermín, coinvolgendo ogni giorno 3.000 corridori, 600 addetti alla sicurezza, 20.000 spettatori lungo la strada e nell’arena, più un altro milione di utenti televisivi.

Le caratteristiche dell’encierro, si avvicinano a vere prove sportive, in quanto esistono delle regole, i partecipanti indossano uniformi quasi tutte uguali, vi sono gli spettatori, vi è una partenza ed un arrivo. L’encierro però non è uno sport, in quanto non vi è un vincitore. Per i partecipanti è una sfida auto-imposta per seguire una tradizione secolare. Date le sue caratteristiche di rischio assunto in modo volontario, si dice che sia una “pazzia collettiva”, un “gioco a non morire”, un “irrazionalità primitiva”, un “rito di iniziazione alla virilità”, “un’esaltazione del coraggio”. La cosa certa però è che non è una folle corsa dovuta al panico collettivo, né una fuga, né un si salvi chi può, ma un’anarchia organizzata, con proprie regole interne, in cui l’essenza non è quella apparente di fuggire dai tori, ma di avvicinarsi il più possibile a loro.

Corridori

Si calcola che nei giorni feriali dei Sanfermines corrono l’encierro all’incirca 2.500 persone, numero che aumenta fino al 4.000 nel fine settimana. Ciò nonostante, non tutti possono essere considerati corridori, poiché più di 1.000 entrano nel recinto a centinaia di metri di distanza dalla mandria dei tori con un vantaggio di un minuto su essi. 500 partecipanti corrono vicino alla mandria, però quando giungono a circa cinque metri di distanza dai tori, si spostano ai lati e si fermano per vederli passare. I rimanenti “coraggiosi” corrono in prima fila, sentendo sulla nuca l’alito dei tori e intercambiandosi in tratti di circa 40-50 metri in modo che la corsa davanti al muso del toro, non duri più di 8-12 secondi.

Il 70% dei partecipanti ha tra i 20 e i 35 anni, vi sono inoltre alcuni veterani cinquantenni e qualche sessantenne. La loro provenienza è per il 40% da Pamplona o Navarra, il 30% dalla Spagna ed un altro 30% stranieri.

La corsa reale dura all’incirca due minuti e mezzo e mai nessuno riesce a completarla nei suoi 850 metri di lunghezza, riuscendo a restare vicino ai tori.  La causa è la grande confusione, i partecipanti subiscono continui spintoni, schivano corridori più lenti, scavalcano persone cadute per terra, senza contare l’impegno continuo nel controllare gli animali che stanno precedendo.

Per quanto riguarda le tecniche, ne esistono essenzialmente due: la prima è correre incrementando la velocità a poco a poco fino a raggiungere la mandria, e cercare un varco tra i tori. La seconda utilizzata negli ultimi 200 metri quando i tori sono più stanchi e lenti, è attendere fermo ai lati e quando la mandria è a circa 10 metri di distanza saltare nel centro della strada e correre a più non posso. Questa seconda opzione è spesso troppo pericolosa per i corridori che hanno svolto tutta la corsa o che arrivano di corsa affiancati ai tori. Vi sono molte persone che aiutano nell’organizzazione o che hanno come scopo quello di aumentarne la sicurezza, però i veri protagonisti sono solo due: i corridori e i tori; senza di loro l’encierro sarebbe impossibile.

I Tori

Dall’antichità classica, il toro è sempre stato considerato un animale totemico che incarnava le caratteristiche degli dèi, forza, coraggio e nobiltà, lo si ritrova anche nella religione Hindu, dove Nandi il toro è il mezzo di trasporto di Lord Shiva (il distruttore). L’uomo, nella superbia di essere pari a dio, nei vari millenni, ha sempre sfidato i tori dalla Grecia, a Creta (minotauro), passando per l’Anatolia. L’encierro di Pamplona non è altro che una manifestazione moderna di tale sfida, è il modo navarro di sfidare la morte rappresentata dal toro.

Oggigiorno, i tori selvaggi si allevano in grandi estensioni di terreno soprattutto dell’Andalusia, Estremadura e Salamanca, anche se esistono alcuni di questi allevamenti nella provincia di Madrid, Navarra, La Rioja e Aragona. È necessario disporre di un ettaro e mezzo di terreno per ogni toro allevato, e che ogni chilo di un animale adulto comporta il consumo di 60 chili di erba, o 15 di fieno. I tori passano i loro primi quattro anni di vita in estesi pascoli, in cui vedono l’uomo solo in lontananza e quasi sempre a cavallo, perciò è facile immaginare lo stress sofferto dagli animali, sia per il trasporto che alle strette vie sovraffollate di migliaia di persone, in un’esplosione di colori, movimenti, rumori e stimoli mai visti e sentiti prima d’ora.

I tori protagonisti dell’encierro sono scelti nei migliori e famosi allevamenti spagnoli tra quelli di maggiori dimensione (il peso va dai 600 – 700 Kg), prestando attenzione alla gagliardia, corna e fierezza. Il toro, nonostante la sua apparenza, è un animale che oltre ad essere molto forte, è agile e molto più veloce dell’uomo.

Il Percorso

Il percorso dell’encierro di Pamplona, lungo 850 metri, scorre per le tortuose stradine medievali del centro storico della città. La complessità urbanistica, frutto di secoli di diverse edificazioni, rende il tragitto cosparso di ripide salite e curve ad angolo retto, in strette ed ombrose viuzze, incluso il passaggio nella galleria situata sotto le gradinate dell’arena.

Santo Domingo

Con i suoi 280 metri di lunghezza, una salita del 10% ed incassato nella prima parte tra pareti di pietra, Santo Domingo è il primo tratto dell’encierro. I tori escono da un cortile situato in un antico bastione delle mura, ed è qui che raggiungono la velocità più elevata di tutto il tragitto.

Plaza del Ayuntamiento-Mercaderes

Questo secondo tratto dell’encierro è in piano e più luminoso della salita di Santo Domingo, misura 100 metri di lunghezza per circa 9 di larghezza. La mandria dei tori è ancora molto veloce e deve imboccare una leggera curva a sinistra all’inizio della calle Mercaderes.

Estafeta

La via più famosa dell’encierro, misura 300 metri, con una leggera salita del 2%. L’inizio presso la calle Mercaderes è spettacolare, una curva di 90° a destra provoca, l’urto dei tori contro la recinzione esterna. Alcuni cadono e la mandria si separa.

Telefónica-callejón-plaza de toros

È l’ultimo tratto dell’encierro, il più luminoso e l’unico che presenta una leggera discesa. Qui i tori, stanchi e provati corrono meno rispetto all’inizio del percorso, attraversano una zona priva di edificazioni e con recinzioni su entrambi i lati del percorso. Il tratto misura 120 metri di lunghezza ed una larghezza di 9 metri all’inizio della Telefónica, che va via via a restringersi come un imbuto fino ai 3,5 metri del callejón (vicolo) che, percorre i 25 metri al di sotto delle gradinate dell’arena e dà accesso agli ultimi 50 metri all’interno dell’arena pamplonese.

La Recinzione

La recinzione è installata ai due lati delle vie e negli spazi non edificati dell’encierro. È contrassegnata con lettere e numeri affinché ogni pezzo sia collocato anno dopo anno nello stesso posto, s’installa verso la fine del mese di giugno e rimane nelle vie fino all’ultimo giorno delle feste di San Fermín. Alcuno dei tratti sono fissi, ma altri, quelli che impediscono il passaggio veicoli, sono montati e smontati ogni giorno da un’equipe di 40 falegnami.

La recinzione è in legno ed alcune tavole d’olmo hanno più di 100 anni. Tutte le tavole orizzontali e i pali verticali sono rinforzati con coperture metalliche per reggere i possibili urti dei tori di oltre 600 chili lanciati nella corsa. Vi sono inoltre, 12 porte, anch’esse rinforzate, che si chiudono al passaggio della mandria, per impedire ai tori di retrocedere.

Nel Medioevo e parte dell’Età Moderna, le vie dell’encierro venivano sbarrate con coperte e con i carri, finché il comune decise, nell’anno 1776, di collocare una vera recinzione di legno ad impedire le frequenti fughe di tori per le vie della città. Nel 1941, venne aumentata la sicurezza della recinzione raddoppiandola con uno spazio di due metri tra la prima e la seconda.

Pastori e Dobladores

Pastori

Da sempre, i pastori sono presenti nell’encierro, poiché nel Medioevo, erano loro le persone incaricate a condurre il bestiame a piedi, sia per le campagne, che per le vie di Pamplona. Attualmente vi sono tra otto e dieci pastori nell’encierro. Abbigliati con uniforme identificativa, portano con sé una verga, ognuno di loro percorrerà un tratto di corsa di circa 100 metri, per poi scambiarsi, con il compito di fare in modo che la mandria non si sparpagli, ed evitando che i tori tornino indietro, oltre ad allontanare i ragazzini che rincorrono un toro rimasto solo. I pastori sono esperti nel gestire il bestiame e nella difficile arte di schivare quello non addomesticato. Oltre a lavorare nell’encierro, i pastori di San Fermín s’incaricano anche di tutto quanto è relazionato con i tori durante la festa.

Dobladores

La figura dei dobladores nacque nel decennio degli anni 30 per infondere maggior sicurezza ai ragazzi presenti nell’arena al termine dell’encierro. Attualmente ci sono quattro dobladores nell’arena pamplonese, tutti vecchi toreri o subalterni, che abbinano la loro professionalità nel mondo taurino con una grande esperienza degli encierros pamplonesi. I dobladores hanno l’incarico di introdurre il toro o i tori rimasti disorientati, nei cortili dell’arena per non mettere a rischio i molti ragazzini presenti negli istanti finali della corsa.

Per chi fosse interessante Enjoy Destinations propone il seguente tour : Madrid e San Firmino